La stabilità full optional (but brainless)

(…Anche per questo, reprise)

Nella legge di stabilità appena votata full-optional per ottenere la fiducia al senato (salvo poi rimodularla versione light al  passaggio alla camera) e darle in dote la virtù del ricatto al successivo passaggio al senato ecc…. Trai vari optional nella dotazione di serie votata ieri notte c’è una perla…per garantire l’esenzioni sui beni immobiliari (area ex-imu) si useranno gli acconti IRES  e IRAP (tasse che agiscono sui redditi da produzione) per non tassare molte finte prime case e in generale risorse inattive sul sistema produttivo del paese. Sei un imprenditore agricolo, sei obbligato a dotarti di capitali fissi (beni immobili compresi) che io stato ti tasso, in compenso ti alleggerisco più possibile il tuo reddito a fronte di un miglioramento delle condizioni salariali dei tuoi dipendenti o dell’incremento del numero di questi.  Oggi al primo beneficio gli imprenditori rinuncerebbero (non potrebbero far altro se vogliono fare impresa) ma vedrebbero  i propri redditi salvaguardati e attraverso meccanismi di legge verrebbero spinti a migliorare i livelli salariali e i regimi occupazionali. Tradotto miglioramento del reddito diffuso > ripresa dei consumi  magari stimolandone quelli intelligenti (green economy) > all’aumento dei redditi aumentare leggermente la pressione fiscale per riaccendere l’offerta dei sevizi e gli investimenti statali e privati sulla ricerca ecc…insomma il contrario di quello che questa legge di stabilità prescrive. Magari mi sbaglio, magari salta fuori un bocconiano che mi smentisce, magari…Anche per questo abbiamo bisogno di buone menti che si occupino del paese, non clamorosamente giovani ma necessariamente nuove.

Chi può cambiare il passo con 5 movimenti?

Sottotitolo: Il tango delle affermazioni, il liscio delle soluzioni.

Civati oggi sul suo blog ci segnala parte dell’odierno enunciato bersaniano:

Prima ancora che sul cuneo fiscale avrei fatto un intervento sull’Irpef e sugli scaglioni medio-bassi, perché quella che abbiamo è una crisi di domanda, non di offerta.

A parte Filippo Filippini che sul blog di Giuseppe giustamente si domanda ironicamente se esistano o no “crisi di offerta” è dall’efficace proposta di Giuseppe che bisogna ripartire e dall’analisi dell’appena deliberata, dal CdM, legge di stabilità.

Al ragionamento generale sembrano sfuggire alcuni elementi a mio avviso importanti. L’intervento sul cuneo fiscale sembra essere attuato con il fine di aumentare di volume delle buste paga…ma questo come vediamo non altera granché le consistente disponibili e quindi nessun miglioramento della domanda. La gente si è già fatta i conti, questi piccoli incrementi verranno destinati al recupero (parziale) delle, solo ribattezzate, tasse.

Meglio sarebbe intervenire più concretamente sull’aumento degli stipendi circolanti e per fare questo torniamo all’aumento della domanda e saremmo da capo. A questo punto ci vuole un ridimensionamento per legge (temporanea) degli utili di profitto ma questo farebbe fuggire le imprese all’estero ancora di più di come accade oggi.

Come uscirne? Patrimoniale e a latere di questa anagrafe patrimoniale fiscale, chiara ed intransigente, ridefinizione nazionale dei catasti, controllo militarizzato delle frontiere (ahime) fisiche e di quelle telematiche. Inasprimento nella lotta all’evasione (stavolta reale e di sistema) Una ditta che produce divani non può intestarsi una barca (che poi in realtà sappiamo essere lo yacht per le vacanze del titolare o dei suoi parenti), un appartamento in centro può essere detenuto da un impresa solo se dimostra nel tempo l’utilizzo produttivo di tale sede (registro delle attività produttive che avvengono in esso).

Nel contempo certamente revisione delle aliquote Irpef per tutte le fasce medio-basse, come suggerito ottimamente da Civati e riduzione di quelle alte solo in caso di reinvestimenti produttivi valutati e certificati.

A questo punto avremo  liberato strutturalmente risorse economiche da destinare alla riduzione del cuneo fiscale, così come alle agevolazioni fiscali per le neo-assunzioni con il risultato di iniettare capacità migliore nella domanda che giustifica un aumento di offerta.

Infine una grande operazione sui bilanci commerciali da imporre in sede europea, l’operazione euro con la sua negoziazione lira-marco segno indubbiamente l’inizio del crollo delle nostre esportazioni a vantaggio di quelle della Germania. Dovevamo puntare sulla competitività ma non ci siamo riusciti (del resto era una sfida abbastanza impari). Poco male, possiamo sempre far valere il nostro peso, siamo o non siamo un mercato del peso di 60.000.000 di consumatori?  Ebbene dobbiamo arrestare questa de-industrializzazione, tornare ad essere il principale polo manifatturiero d’Europa.

Si prospetterebbe un uscita dall’euro, con conseguente svalutazione della nostra moneta e aumento delle esportazioni così come diminuzione delle importazioni. Possiamo evitarlo? Certamente.

Serve, così come più volte richiesto da Civati, maggiore autorevolezza in sede europea. Ai ricatti rispondere con ricatti direbbe il buon populista grillino. Noi in realtà dovremmo prima di tutto imporci rigore morale, etico. Il cambiamento della classe dirigente è irrinunciabile e di sicuro bisogna tenersi lontano da quella continuamente suggerita dall’establishment, schivare quella che nel tempo ha dato ampia prova di inaffidabilità e intercettare quelle energie buone e positive provenienti anche dal popolo, si proprio del popolo sto parlando, e basta con questa retorica della società civile, qui urge anche l’azione di chi non proviene necessariamente dalle accademie  e dalle scuole di economia anglosassoni trapiantate in Italia (perché in fin dei conti l’avvento del M5S qualcosa dovrebbe insegnare).

Riassumendo:

  1. Si cambia la classe politica  ma veramente stavolta. Un po di coraggio eh che diamine!
  2. Si realizza una patrimoniale e tutte le operazioni collaterali atte a garantirne la concretezza.
  3. A risorse liberate si interviene sulle aliquote irpef, magari a latere anche la semplificazione del sistema tributario con buona pace dei commercialisti(*) non guasterebbe.
  4. Si interviene sul cuneo fiscale. Si semplifica il quadro delle forme contrattuali d’impiego.
  5. Un’autorevole operazione in Europa sui bilanci commerciali, restiamo in Europa solo se ci è consentito lo sforamento dei parametri. Questi ultimi devono essere diversificati per i paesi con capacità produttiva attualmente ridotta e a  fronte della presentazione di un forte piano strutturale – economico decennale.

Al punto primo di questa cinquina abbiamo il cambiamento della classe dirigente e ora riflettete su quale sia la maggiore forza politica nel paese che interviene nella scelta della classe dirigente?  E’ su  di essa che dobbiamo intervenire con priorità e in seguito  si adegueranno anche le altre forze politiche. Sto parlando del centrosinistra ovviamente, schieramento ampio che vede mille culture politiche presenti ma soprattutto un contenitore più grande degli altri, il PD.

Ebbene, con particolare riguardo ad un congresso che è prossimo al realizzarsi, quale candidatura può rappresentare il necessario shock? Quella consigliata dallo status quo? Quella creata ad hoc per connotare la candidatura appena indicata come “innovativa” e quindi resa agli occhi di tutti come rappresentativa della nomenclatura attuale? Quella minoritaria e con rispetto parlando che riesce a non avere relazioni con un ampia base e nel contempo partecipa alla redistribuzione del potere interno al partito?

Pensateci bene, rimane solo un altra candidatura. Ma non è la scelta del meno peggio (gli altri non sono mica i castighi di dio che abbiamo conosciuto in passato?) è semplicemente quella di cui nessuno vuol parlare, nessuno vuole fortificare e quindi quella che a tutti gli effetti da molto fastidio. E che altro vogliamo fare noi se non dare finalmente fastidio a chi giovano le condizioni date?

(*)Alle categorie professionali si è sempre voluto garantire un alto profitto, giusto, giustissimo ma il risultato è stato quello di vedere pochi professionisti che mangiano il mercato e tanti laureati a spasso. Si dovrebbe invece semplificare e nel contempo obbligare il cittadino al ricorso alle figure professionali rendendo però quest’ultime funzionari statali che operano in regime tariffario controllato . Si contesterà che alla fine la gente andrà a fare il professionista a l’estero impoverendo il panorama tecnico nazionale. Dubito, il sistema è al collasso anche all’estero. Chi scrive sa quanti architetti, avvocati e commercialisti oggi fatichino ad installarsi fuori dai patri confini. Ovviamente siamo consapevoli che quest’operazione va ragionata e proposta con cautela e richiede una efficace  comunicazione del quadro mutato che si andrà a generare indicandone con chiarezza tutti i benefici. Percentuale più ampia di professionisti impiegati con posizione contrattuale sicura e quindi più serena con conseguente iniezione di fiducia nei consumi e qui torniamo all’oggetto dell’attuale disanima.

P.s. Chiedo scusa per la lunghezza dell’articolo ma vi giuro che ho tagliato cartelle e cartelle per accorciare questa barba.