Cat Stevens, il the al patchouli e il dolore umano

L’amaca di Michele Serra del 19/02/2014:

Alle 14 e 43 di ieri, durante le prove del Festival di Sanremo, è successa una cosa che vorrei riuscire — se trovo le parole — a condividere. Un signore con barba e capelli bianchi, Yusuf Cat Stevens, chitarra a tracolla, ha cantato Father and Son.Una delle più belle canzoni mai udite. In teatro eravamo — tra personale di studio, discografici, orchestrali — un centinaio di persone. Tutti a ingoiare le lacrime, letteralmente trafitti da quella canzone. Tutti ammutoliti, dopo l’ultima nota, tanto grande era l’emozione, e la fortuna di essere lì.

Fino a un istante prima i pensieri dei più erano rivolti a un altro signore con barba e capelli bianchi, Beppe Grillo, autoconvocato a Sanremo. Mentre scrivo ancora non so se sia davvero arrivato; se abbia strillato o detto cose spiritose o detto niente; se abbia conquistato la scena o l’abbia solo scalfita o niente; se abbia fatto buona o cattiva figura o nessuna figura. Ma so per certo che nel momento preciso in cui Cat Stevens ha cominciato a cantare (le 14 e 43) ho capito precisamente, e definitivamente, che cosa manca a Grillo per cambiare il mondo. Non gli manca l’impeto, non gli manca la rabbia, non gli manca, a occhio e croce, nemmeno l’intelligenza. Gli manca la bellezza. La capacità di evocarla e di farne dono agli altri. Forse per questo è così di malumore.

Ovvero quattro stronzi accreditati (e strapagati) per la realizzazione di uno show ormai effimero e privo di significato. Con il loro bel pass al collo si commuovono davanti a Yusuf Islam (chissà perchè non lo chiamano con il suo nome attuale?) venuto a promuovere il suo ultimo album (ah ecco perchè, i cd si vendono meglio con il nome da marketing). Con i loro eleganti e raffinati pensieri ci sbomballano gli zibidei con accostamenti inutili, snob e con quei retorici richiami alla bellezza…poesia che sembra conoscano solo loro, loro che amano sorseggiare le migliori misture indiane nei salotti etnici-retrò respirando ayurvetici effluvi del sempre conturbante patchouli. Attenti perchè poi il vostro Renzi vi sveglia e vi dice che qui “c’è gente che soffrono” (cit.) altrove (per l’esattezza nell’elegantissima sala Aldo Moro di Montecitorio) è il luogo dove “vive il dolore umano” (cit.)

L’Amaca che oscilla maldestramente

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Qualcuno chiami un esorcista. Bisogna liberare Michele Serra, il demone “Tengo Famiglia alias  me piaseno li schei” si è impossessato del suo (una volta) spirito libero.  Calderoli ci mise lo stesso rapidissimo tempo a fare la porcata e questa forse è anche peggio del porcellum però è targata Matteo Renzi e quindi tocca difenderla;  hai visto mai che ci rinnovino tutti i contratti editoriali?

Poi magari (poichè si vuole essere sempre riconoscenti verso chi ha contribuito alla nostra piccola crescita culturale)  non si può non sottolineare il valore pregevole dell’Amaca che segue. Ergo magari mi sbaglio e il mio giudizio feroce su Michele forse andrà rivisto però a qualcuno dovrà pur spiegare al nostro Michele Serra che da uno che si circonda di personaggi come Davide Serra non ci si può attendere una buona riforma elettorale, anche se quest’ultima viene portata avanti con una personcina eccellente come il pregiudicato.

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Michele, l’intenditore.

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Ricordate il personaggio dei Broncoviz della fortunata edizione di Avanzi (raitre) di qualche anno fa? “Michele l’intenditore” (al secolo Marcello Cesena) veniva continuamente costretto dagli amici “aguzzini” (parodiando una nota pubblicità dell’epoca) a sottoporsi, suo malgrado ad ogni genere di test per arrivare a regalarci il suo prezioso giudizio. Ebbene Michele Serra  è stato a lungo uno dei più attenti osservatori della realtà e lo sarebbe anche oggi se non avesse indubbiamente il problema di galleggiare tra i suoi solidi contratti editoriali. Giudizio severo il mio, anche troppo (forse)  ma negli ultimi mesi non riconosco più colui che negli anni ha aiutato la mia modesta capacità analitica al punto che mi rimane difficile, oggi, non esprimere un mio pensiero nella forma più onesta possibile.

Cos’è che vogliono? Vogliono farci credere che alla fin fine c’è qualche mela marcia anche tra le fila di Renzi? Di più, al povero Renzi purtroppo sfugge, talvolta,  il controllo della sua entusiasta e stravagante ciurma? E’ questo il senso di quest’Amaca? Il problema non è l’esternazione sbagliata o no che sia di questo o di quell’altro esponente politico. La questione principale, dalla quale si distanzia Michele Serra (il suo editore appoggia Renzi) è l’impianto culturale che si sta sviluppando attorno alla candidatura del sinda’o di Firenze. Da quella cultura arrivano queste e altre informazioni di natura anti-storica. E così come in passato abbiamo visto svariare in un campo che va da Marchionne a Landini passando per Ichino e Boeri oggi possiamo aspettarci di tutto, purchè sia sempre espresso con l’obiettivo di captare il maggiore consenso possibile. Ma poi del consenso che produce governi deboli o inefficaci di centro-sinstra, così come quelli conosciuti in quest’ultimo sciagurato ventennio, possiamo anche farne a meno. Così come dei preziosi suggerimenti provenienti dal sempre meglio posizionato establishment culturale. Invece è ad altro che non possiamo rinunciare, alla possibilità di cambiare la regia politica di questo paese. Se pensiamo che dentro il PD attuale un 10% incarni meglio il pensiero di quella base arrabbiata e desiderosa di un reale cambiamento andiamo a spulciare i risultati della convenzione nazionale di quel partito e vediamo chi porta con se quel 10% (o poco meno) e dall’esterno proviamo a dare una mano a questo paese. Con buona pace di chi si guarda bene dal pubblicare un amaca che racconti qualcosa di diverso dalle peripezie di Renzi e dei renziani.