A zig zag tra generazioni e degenerazioni

Un amico trapiantato in una grande metropoli estera così commentava il post di ieri:

La carne sul fuoco è tanta.Io ho il coraggio di risponderti solo sul tema generazionale; più precisamente della nostra generazione. Non mi riferisco neanche all’antifascismo che non padroneggio e che lo rispetto troppo per parlarne superficialmente.
La generazione precedente, quella dei nostri
padri che hanno vissuto attivamente gli anni
60-80 cosa ci hanno lasciato? Lo sappiamo benissimo, inutile farne l’ennesima lista: nucleare, aborto, femminismo, lotte sociali, musica stupenda, e una grande voglia di vivere. Certo c’è stato il rovescio della medaglia dopo. L’università di bassa qualità, le br e i rigurgiti fascisti, la dc, la riconversione di molti 68ini in quello contro cui si battevano, delle oligarchie formatesi in quei circoli… Etc. Niente di nuovo.
Ma noi, quella generazione di cui parlavi dai 30 ai 40, generazione di “nati vecchi”, cosa ci contraddistingue da quella precedente? Dov’è il nostro 68? O dai partigiani che hanno fatto la guerra e la fame ma anche il boom economico?
20 anni fà c’è stato mani pulite, e poi? Nulla, una generazione allo scatafascio, una generazio e di morti di fame nel benessere, delle lauree per i call center o per gli stage gratuiti (in tutte le professioni), i master per fare i portieri, degli erasmus per respirare aria altrove, l’unica via di salvezza è stata non quella dei nostri nonni la voglia di batterei contro un regime, ma quella dei nostri bis-nonni che sono emigrati in massa. La nostra è una generazione morta: socialmente, culturalmente, musicalmente, politicamente. Certo ci sarà qualche eccezione, ma sarà paragonabile a quelle precedenti. Forse hai ragione tu, servirebbe un guida autorevole che svegli la nostra generazione, se ancora si puo’ svegliare.

Una “guida autorevole”? Si certo, perché no, ma attenzione, da non cercare in un gruppo di persone o peggio ancora in un singolo individuo.
Bisognerà riferirsi con più generosità alle suggestioni delle generazioni che seguono la nostra, adottarne parte di quella benefica visionarietà. Al tempo stesso, si dovrà guardare con maggiore spirito positivo al passato, ma non quello dei bisnonni. No all’emigrazione a tutti i costi, piuttosto direi si alla contaminazione critica (un po’ quella che da sempre adottano sapientemente molti miei amici “esuli in terra straniera”), si all’analisi dei significati perduti, smarriti nell’odierna ricerca “dell’opportunità per svoltare”, terreno scivoloso.

Quindi nel guardarsi indietro, bisognerà aver cura di evitare la tentazione di essere conniventi con quel blocco culturale e politico, che opprime la società.
Alludo alla paralisi (di cui si fa cenno nella lettera) imposta dalla lunga generazione dei nati, vissuti e pensionati nel benessere. In altre parole, quasi si impone l’avvio di un’ostilità nei confronti del “blocco che blocca” (scusate il gioco di parole orrendo), un egemone ambiente politico – sociale -direzionale che oggi occupa e organizza tutto. E che soprattutto raramente è in grado di indicare il percorso giusto, talmente occupato a gestire il “potere per il potere” di doroteiana nozione, miope nel confrontarsi con le realtà oggi subalterne, avida nel godersi gli inutili miti dello slowfood, del bio, abile nel condurre una spietata e sistematica esclusione in nome di una realpolitik un tanto al kilo.

In sintesi:
entrare in azione. L’azione di gruppo è efficace. L’efficacia è figlia dell’imprevedibilità ragionata…. Lo so, questo ragionamento rischia di degenerare in una masturbazione mentale mostruosa. Mi fermo e cedo a voi tutti la descrizione dei termini scatenanti la “rivoluzione”. L’amato Monicelli connotava la rivoluzione (eufemisticamente la definiva “riscatto”)come un atto sempre doloroso… beh esprimiamoci in questa sede evitando la predicazione dell’uso delle armi e affini please.

P.S. In calce, un invito ad una riflessione solo apparentemente a margine. Provate a pensarci, chi ha condotto con sapiente regia la critica al fenomeno movimentista e antisistema di recente ribalta, per altri versi giustamente criticabile?
Quale schiera di raffinati commentatori, analisti, opinionisti pilota lo screditamento dei valori innovativi che porta in grembo il m5s?
Quando parlo di “blocco che blocca”, alludo a questo sistematico dispositivo reazionario messo in atto da chi nello status quo viaggia a gonfie vele (collezionando contratti nelle televisioni nazionali e nelle testate giornalistiche massimaliste, per intenderci).

Questa non vuol essere una difesa d’ufficio del m5s, per carità. Questa conclusione vuol essere “semplicemente” un solenne j’accuse dal quale ripartire, se veramente vogliamo affrontare i veri ostacoli ad un cambiamento sempre più necessario.